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Pirro Loreti, il meccanico amico di Libbero

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Se gli chiedevi cosa avesse significato per lui essere stato il meccanico di Libero Liberati, senza nessuna esitazione ti avrebbe risposto: “Tutto, cosa potrei dire di più!” Pirro Loreti era una persona fuori dal clamore, tranquilla e con un sorriso per tutti, uno che le moto le amava ma, ancor prima, le conosceva bene. Non era ternano, era e viveva a Spoleto, ma con Terni aveva avuto molto a che fare e, soprattutto, aveva avuto a che fare con colui che Terni ed i ternani aveva fatto sognare, dato speranze e fatto vincere, Libero Liberati. Pirro Loreti ci ha lasciato qualche giorno fa stroncato da un male incurabile, circondato dall’amore della sua famiglia, dei tanti amici ed appassionati di moto che lo avevano conosciuto. Una persona genuina, un meccanico, un professionista della meccanica che, dopo aver lavorato tanti anni in pista, si era dedicato al restauro ed al mantenimento di moto d’epoca, veri gioielli e concentrati di tecnologia che il tempo non doveva e non poteva relegare in un angolo. Tra le sue realizzazioni anche un paio di Gilera 500cc 4 cilindri, la stessa moto con la quale Libero vinse, e lui c’era, il campionato del mondo nel 1957. Pirro, di Liberati, ne era stato prima meccanico dal 1955 al ’62 e subito amico, un grande amico. In una bellissima intervista rilasciata ad un giovane Giampiero Sacchi in occasione dei trent’anni dalla morte del Campione, eravamo quindi nel 1992, Pirro, al quale era stato chiesto un ricordo a proposito, non esitò a dire che per lui Libero era stato un uomo eccezionale nonché il suo migliore amico di sempre e che, un uomo vero non può dimenticare chi nella vita ti aveva dato la prima possibilità e Libero per lui, aveva fatto questo. Pirro già lavorava a Spoleto come meccanico e Libero qualche volta si recava presso quell’officina con la sua moto. Non fu difficile per il Ternano volante accorgersi della sua grande passione sia per le moto che per quel lavoro in particolare e quindi, non servì molto tempo per chiedergli se avesse voluto lavorare per lui. Ieri come oggi, un sogno che si avvera per chi ama il mondo delle corse e dei motori. Ho avuto molte occasioni per sedermi con lui ed ascoltarlo mentre raccontava tanti aneddoti, magari in compagnia di Remo Venturi, spoletino anche lui, grandissimo campione ed altrettanto amico di Libero. Tante corse raccontate, momenti felici come la vittoria del mondiale o meno, professionalmente parlando, come quella volta in cui ad Imola nel ’58, tutto perfetto in prova ma poi, in gara, le quattro viti del magnete si allentarono e per lui, benché gli anni passati da allora fossero tanti, quell’errore aveva ancora il sapore amaro. Sempre in quella intervista, cosi come sempre quando puoi confrontarti con chi di epoche relative alle corse ne ha vissute più di una, Sacchi gli chiese se lui considerasse più difficile guidare una moto da corsa ai tempi di Libero o in quegli anni. Di getto, e non poteva essere altrimenti, non esitò un istante a dire che in passato era stato senz’altro più difficile. Una difesa strenua di quello che era stato quel modo di vivere le corse, i piloti, le moto, carriere iniziate più per avventura che per altro e poi, se davvero andavi forte, magari qualcuno ti notava e allora potevi sperare in qualcosa. Tra lui e Libero tante cose in comune, amici e storie. Remo Venturi, Renzo Rossi, la Gilera, l’officina, i momenti belli e quelli tristi. Già, quelli tristi che dentro al cuore ti lasciano a volte un vuoto incolmabile e tanti dubbi. Quel lunedì, quel 5 marzo del ’62, lui c’era, c’era insieme alla pioggia e c’era insieme al destino che ognuno di noi porta in dote e che mai ci abbandona. Libero e Renzo Rossi si dovevano vedere per una girata, per un allenamento. Si fa tardi e tra l’altro il magnete della Gilera del ternano fa le bizze e la moto non si accende. Per lui che nonostante febbricitante è li al suo posto in officina, è un attimo cambiarlo e Liberati, da solo, può partire. E’ mezzogiorno e continua a piovere. L’asfalto bagnato, la strada sulla quale aveva battuto campioni di ogni tempo, la parete rocciosa dove probabilmente urta dopo la caduta, lo tradiscono. Non si troverà mai neppure una persona che ci dirà cosa accade in quegli ultimi attimi. Neppure chi, come lo stesso Pirro, alcuni minuti prima lo aveva aiutato a riempire il serbatoio della sua Gilera, lì nella stessa officina di Libero e lo aspettava per rivederlo nel pomeriggio, come sempre. Quando dopo alcuni giorni venne dato il permesso di esaminare la Saturno, la moto venne accesa e il motore partì immediatamente facendo scartare l’ipotesi del guasto meccanico cosi come anche tutte le altre componenti risultarono essere perfette. Ma Libbero, il suo grande amico, non c’è più. Sempre e comunque quando gli parlavi di lui, i suoi occhi si velavano lasciando trasparire un pensiero, un pensiero triste che certamente gli adombrava l’anima perché forse, per una volta, se il suo lavoro non lo avesse fatto cosi bene come era abituato a fare, le cose sarebbero potute andare in maniera differente e quella Saturno con il suo Cavaliere d’acciaio sarebbero rimasti dentro quell’officina e con tutti noi. Io voglio credere, anzi ne sono certo, che oggi, in qualche angolo lassù nel cielo, due grandi amici si sono incontrati di nuovo, quel dubbio sarà svanito per sempre e cosi un grande Campione potrà ancora contare con il suo grande meccanico … Ciao Pirro, salutaci Libbero!

di Roberto Pagnanini

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