Sono nato in un piccolo paese di montagna in Abruzzo nel dopo guerra ed i divertimenti erano pochi. Giocare con la palla era uno dei poche diversivi che avevamo. Giocavamo ogni momento libero, nella piazza antistante la chiesa e questo ha consentito ad alcuni di noi di costruire dei fisici forti e di acquisire dimestichezza con la palla, infatti oltre a me sono arrivati al professionismo Sandro Coco (che giocò nella primavera del Napoli) e Ferdinando Benigni (che fu acquistato dal Modena ma poi per ragioni familiari entrò nella Polizia). E su una popolazione di 400 abitanti la percentuale è alta.
La mia era una famiglia semplice ed onesta che ha sempre lavorato duramente per la sussistenza. Mio padre dopo aver combattuto nella seconda guerra mondiale, nonostante fosse stato ferito in Yugoslavia, andò a lavorare come minatore nelle gallerie lontano da casa. Il paese era praticamente un paese senza padri che erano tutti lontani da casa per la ricostruzione del dopo guerra. Così noi figli rimanemmo con mamma ed i nonni. La prima preoccupazione della mia famiglia era quella della sussistenza e la speranza per i figli era quella di vederli studiare affinché si potessero creare un futuro migliore. Lo sport non era certo visto come una possibilità di carriera, ecco perché in realtà non ho avuto nessun sostegno dalla famiglia.
Dopo due campionati di serie C con l’Aquila Calcio, fui acquistato dalla Lazio e vincemmo il campionato salendo nella massima serie. La Ternana Calcio mi notò giocare nelle fila dei bianco-celesti e decise di fare un’ottima offerta per avermi in squadra. Fui così ceduto alle Fere. Inizialmente avvertì un pizzico di delusione, Giocare nella Lazio era stato un traguardo, avevo giocato all’Olimpico sotto lo sguardo di ottantamila persone nel derby Roma-Lazio e non sognavo altro di continuare su questa strada. Ma sono abituato a guardare avanti ed a non girarmi indietro, anche perché i tifosi ternani mi accolsero con grande affetto, mi dettero la carica per dare il meglio che potevo. Nella società trovai un ambiente propositivo e costruttivo, si instaurò un accordo totale con i compagni di squadra, eravamo un gruppo non solo una squadra e sentivo che tutto ciò mi avrebbe dato grandi soddisfazioni. Come poi è stato.
Arrivato a Terni trovai una società ricca di ambizioni ed in pieno fermento. Allo stesso modo scoprì che Terni era una magnifica città con una popolazione davvero calorosa capace di sostenerci con forza. Lo stadio era sempre pieno e si avvertiva l’attaccamento e l’amore che la città aveva per la sua squadra. I tifosi erano la principale forza trainante per noi giocatori. Avevano grande simpatia per quei giocatori che si impegnavano costantemente in ogni partita. Io ero uno di quelli. Volevo ripagare con tutto l’impegno possibile la società e la città per avermi scelto.
La delusione nel perdere quell’incontro fu tanta, probabilmente sottovalutammo la grinta, l’orgoglio e la voglia di emergere della Ternana. Il carattere dei Ternani mi colpì molto in questa occasione e non nascondo che mi ritrovai a pensare che doveva essere bello anche vestire la maglia Rosso-Verde.
Due allenatori veri, preparati, che si impegnavano al massimo per tenere unito il gruppo e preparare il terreno per il successo che sarebbe arrivato.
Vinicio è stato un grandissimo calciatore e come allenatore era molto serio e raccolse buoni risultati confermando la permanenza in serie B. Ho un buon ricordo del rapporto con Vinicio, che contava molto sui giocatori che, come me, avevano fame di risultati e si impegnavano alla morte.
Il gol del Perugia fu segnato su rigore da Giovanni Urban e si sa i calci di rigore creano sempre discussione se il fallo non è evidentissimo. Mettete assieme la tensione del Derby, l’errore umano che poteva commettere l’arbitro e la voglia di vincere, ne viene fuori una miscela esplosiva. Consideriamo che all’epoca la moviola non c’era e quindi era facile che si creassero polemiche. Vinicio oltretutto era soprannominato Leone e questo vi dice tutto del suo carattere. Leale ma forte e determinato.
All’epoca gli allenatori tendevano a far rimanere i difensori nella propria area di rigore perché il fuorigioco era riconosciuto soltanto dentro l’area di rigore e per questo se noi difensori ci allontanavamo dalla nostra area venivamo ripresi e richiamati all’ordine dall’allenatore a maggior ragione se la squadra stava vincendo questo al fine di proteggere il risultato. In quella partita stavamo perdendo e così mi sono concesso il lusso di andare in attacco e tentare di risollevare il risultato. L’entusiasmo fu tanto così come la gioia provata, ma purtroppo all’epoca per i difensori in attacco c’era poco spazio.
Come detto sopra i difensori all’epoca erano preposti alla fase difensiva. Solo successivamente cambiarono gli schemi che consentivano ai difensori di inserirsi delle azioni offensive. Peccato perché di testa ero molto forte e con il calcio di oggi avrei potuto dare dei contributi importanti. Segnare un goal è davvero una grande emozione, i compagni esultano, i tifosi esplodono in un boato di gioia ed in quel momento il risultato dipende da te.
Viciani professionalmente fu un precursore del calcio attuale con l’introduzione del gioco corto. Umanamente voleva dai giocatori il massimo impegno e la massima attenzione.
Non ci fu un momento decisivo, possiamo piuttosto parlare di un successo creato già dal primo instante della preparazione con un lavoro specifico sulla velocità e sul lavoro di forza. Le vittorie delle singole partite e la vittoria del campionato sono stati un susseguirsi di successi che hanno portato al grande traguardo della seria A. C’è da sottolineare però che io, Cucchi, Russo, Valle, Zeli di nostra iniziativa la mattina andavamo a correre sulle colline Ternane per migliorare le prestazioni sotto l’aspetto agonistico e della resistenza anche se questo nostro impegno volontario e supplementare passava sotto silenzio e l’allenatore Viciani non ne ha mai fatto cenno. Mentre invece era molto apprezzato dai tifosi che ci ringraziavano e sostenevano, con il capotifoso Sandro in testa.
Senza dubbio Giorgio Chinaglia. Lo avevo già incontrato quando giocava nella Inter-Napoli in serie C. non era facile contrastarlo, per me era una grande sfida, Chinaglia era molto alto, aveva grinta, carattere, grande forza tecnica ed istinto del goal. Non a caso stiamo parlando di un vero campione, il giocatore italiano con la miglior media reti realizzate in rapporto agli incontri di campionato disputati (319 goal in 429 partite).
Il momento più difficile fu quando mi fu comunicata la cessione all’Arezzo. Viciani scambio me, Cucchi e Zeli in cambio di Beatrice. Oramai Terni era come casa mia, abbandonarla significava lasciare amici, affetti e tifosi unici.
Il momento più esaltante fu la vittoria del campionato e la salita in serie A. era già la seconda volta che vincevo un campionato salendo in A ma l’emozione provata a Terni è stata indimenticabile. Una città intera impazzita di gioia. In festa per una settimana intera, Terni si colorò di rosso-verde, le ragazze erano vestite dei colori della squadra, le bandiere sventolavano ovunque, nelle strade si suonava e si ballava. Noi giocatori per una settimana passammo da un festeggiamento all’altro. Fu la vittoria, non solo di una squadra ma di una intera città.
Con Cucchi. Eravamo già compagni di squadra alla Lazio, ma oltre a questo lui era un esempio per impegno, abnegazione, serietà ed attaccamento che metteva nel lavoro. Per me era un caro amico ma anche un esempio. Non posso però dimenticare i bei rapporti che sono nati con Liguori, Marinai, Marchetti e Zeli con cui dividevo la camera.
Certo, la possibilità di giocare in serie A è il sogno di ogni giocatore di calcio, ma la cessione fu la riprova che la mia abnegazione ed il mio modo di giocare non erano stati apprezzati appieno da Viciani. Fui ceduto all’Arezzo con Cucchi e Zeli. Ma il trasferimento ad Arezzo mi ha consentito di conoscere mia moglie e creare la mia famiglia in questa bella città che a tutt’ora mi ospita.
Un’accoglienza memorabile. La tifoseria era tutta in piedi che gridava “Fontana, Fontana”. Mi ripassarono davanti le immagini degli anni e dei successi condivisi con loro. Mi emozionai e li strinsi tutti in un abbraccio immaginario.
Sogno spesso di scendere in campo, ho un meraviglioso ricordo di tutte le società che mi hanno dato modo di imparare e di mettermi in gioco costruendo una buona carriera, ma la Ternana occupa ancora un posto speciale nel mio cuore. Nel cassetto del comodino conservo la sciarpa rosso-verde e nel salotto di casa ho appesa da sempre la litografia di una Fera rosso-verde.
L’abnorme giro economico che gira intorno al calcio, i diritti tv e conseguentemente gli stadi vuoti. Manca l’emozione delle partite giocate allo stesso orario senza conoscere i risultati delle altre squadre; mancano le famiglie allo stadio e la condivisione di una passione; manca l’emozione dell’essere presenti nel momento. Mancando il pubblico è come se mancasse il 12 giocatore, il più importante, quello in grado di creare l’atmosfera del grande evento.
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