Il Circuito dell’Acciaio: dove il sogno di Libbero si è fatto realtà ed è restato eterno.
C’era un tempo in cui il nostro sport era fatto di strade polverose, gentleman con indosso pantaloni alla zuava, stivali da cavallerizzo, sciarpa ed occhialoni da aviatore, il tutto reso ancora più chic da un bel berretto con visiera. Piloti-pionieri che hanno scritto pagine eroiche del motociclismo. Passa il tempo e tutto si evolve. Oggi quegli stessi gentleman hanno lasciato il posto a piloti che, professionisti nel corpo e nell’anima, girando bardati con tute di pelle e un mix di materiali compositi e protezioni che avrebbero imbarazzato pure Mazinga Z, somigliano sempre più a guerrieri (quasi) invulnerabili. Laddove prima c’era un casco più simile ad un elmo, oggi ce né uno spaziale, guanti e stivali sono espressione di ricerche avanzatissime e le moto rappresentano un concentrato di pura tecnologia e di sviluppi che non trovano soste. Un esempio? E’ bastato nominare nel regolamento appendici aerodinamiche che in men che non si dica, non soltanto è apparso il Mazinga Z di prima, ma pure tutte le astronavi del creato! Ma il fascino vero, l’anello di congiunzione tra tutto questo e gli appassionati erano allora, e rimangono anche oggi, i circuiti. Luoghi che a volte, soltanto nominandoli, fanno rizzare i capelli. Chiudi gli occhi e pensando a Le Mans, Indianapolis, Monza, Daytona, in un attimo i ricordi volano verso corse indimenticabili. Li, ai bordi di quelle strade che un tempo erano normalmente aperte al traffico, tra marciapiedi e spigoli delle case o, in rari casi, piste realizzate all’interno di strutture permanenti, migliaia di appassionati vedevano sfrecciare i loro beniamini alla ricerca della vittoria e della relativa gloria. Tempi eroici dicevamo, anni che coincidevano con gli albori di uno sport che anche nella nostra città andava creando proseliti. A Terni si viveva già delle imprese di Mario Umberto Borzacchini quando venne costituito l’Auto Moto Club Terni e, a partire dal 1922, si iniziarono ad intravedere le prime attività per organizzare delle gare come ad esempio il 3° Circuito dell’Appennino Umbro Marchigiano o il 2° Circuito dell’Appennino Centrale. Erano corse lunghissime con percorsi di oltre seicento chilometri, destinate per lo più alle auto ma non solo perché vi prendevano parte anche le moto. Competizioni, queste ultime, nelle quali il ternano Rigoletto Belli si imponeva in sella ad una Triumph 500cc su strade spesso sconnesse e imbrecciate e per di più aperte al traffico. Nel 1925 nasce ufficialmente il Moto Club Terni che viene subito affiliato alla Reale Federazione Motociclistica Italiana e questo diede da subito un grande impulso all’organizzazione di gare su due ruote tanto che, il 14 giugno, si disputa la prima Cronoscalata Terni-Passo della Somma; per la cronaca la gara fu vinta dal maceratese Primo Moretti su Moto Guzzi della quale, fu il primo concessionario in Italia. L’attività organizzativa attinge ulteriore forza dall’inaugurazione del velodromo che si sviluppava intorno al campo di calcio di Viale Brin dove, di certo con lo spirito rivolto più verso le esibizioni che non a gare vere e proprie, si sfidavano gli schizzetti, motocicli di 50 e 125cc. Gli sforzi dei soci del moto club sono inesauribili e cosi nel 1946 si organizza il 1° Circuito delle Ferriere all’interno della città, replicato poi nel ’48, edizione in cui, un giovanissimo Libero Liberati, vinse in sella ad un Guzzi 500. Il circuito prendeva il via da Piazza Valnerina per snodarsi poi lungo Viale Curio Dentato, Viale della Stazione, Via Galileo Ferraris, Via Federico Cesi, Viale Cesare Battisti e Piazza Tacito. Ma quelle che resteranno nel cuore e nelle menti di tutti i ternani, saranno le gare organizzate sul Circuito dell’Acciaio. La voglia di rivincita e di rinascita di Terni, città martoriata e distrutta durante il secondo conflitto mondiale, sembrano trovare speranza nelle prime gesta sportive di Liberati. C’è voglia di vivere, di ripartire e questo lo si può fare anche attraverso lo sport, anche attraverso il condividere i sogni di vittoria di Libbero. E’ cosi che nell’estate del 1948, per l’esattezza il 4 luglio, si svolge la prima edizione del Circuito dell’Acciaio. In quegli anni correre all’interno delle città era normale, e lo rimarrà sino agli anni ’70, ma le sue caratteristiche, rendevano il circuito ternano alquanto particolare. Il tracciato infatti, si sviluppava sia all’interno della città che fuori e misurava quasi dieci chilometri. Nella configurazione antioraria, i piloti prendevano il via da Viale Benedetto Brin per poi percorrere Viale Campofregoso, Campomicciolo, attraversare l’abitato di Papigno per poi immettersi successivamente sulla statale Valnerina. Nelle varie edizioni che si succedettero però, il percorso fu utilizzato anche nell’altro senso con lo start sempre in Viale Brin. Quello del Circuito dell’Acciaio fu considerato dai piloti del tempo fra i più impegnativi d’Italia, al pari di quello del Lario sul lago di Como. A testimonianza di quelle gare, rimangono epiche le battaglie di Liberati con Valdinoci, Masetti, Bandirola, Francisci, Colnago, Galante, Guglielminetti, Montanari così come nelle categorie inferiori, tra Ubbiali, Provini, Copeta e molti altri assi dell’epoca. Vederli sfrecciare a Cervara sfiorando i binari del tram presenti lungo la sede stradale, doveva essere anche allora uno spettacolo da brividi. Lu Ternanu Volante, così i suoi concittadini amavano chiamare Liberati, conquista molte vittorie sulle strade della sua gioventù e della sua Terni e purtroppo, per uno strano segno del destino, sulle stessa strada troverà al morte nel 1962 durante una allenamento. Ma tornando al Circuito dell’Acciaio, le attività organizzative si moltiplicano negli anni e le gare li disputate assumono valenza per la conquista del Campionato Italiano. Sulle sue curve si sfidano i top-riders del tempo. Lo stesso Remo Venturi, Emilio Mendogni, Roberto Vigorito, si contendono la vittoria dando vita a corse entusiasmanti seguite da tantissimo pubblico. In alcuni casi si potettero contare oltre 40.000 spettatori presenti. I passaggi alla curva di Cervara, dove appunto i centauri sfidavano la forza centrifuga a poca distanza dai binari del tram, o alla curva di Porta Garibaldi, o nella zona della partenza situata sul lungo rettilineo delle Acciaierie e della Fabbrica d’Armi, erano gremiti di appassionati. Con il passare degli anni però, l’organizzazione di questa gara diventa sempre più difficile ed anche il periodo buio dovuto al ritiro delle case italiane alla fine della stagione ’57, con la conseguente forzata assenza di Liberati dalle competizioni, coincide con la fine di questa prima esperienza. Bisogna attendere qualche anno, e l’approvazione da parte della FMI di un nuovo tracciato cittadino, per rivedere le moto rombare per le vie di Terni. Ed è cosi che su una pista che partendo da Via Aleardi per snodarsi poi in Via del Cassero, Via delle Mura, Via San Martino e Viale dello Stadio, si riaccende nel 1970 le passione per gare di velocità. E’ l’8° Circuito dell’Acciaio valevole per la 2° Coppa Liberati di Velocità che si inaugura questa nuova era. Nella classe 250cc è Walter Villa, futuro quattro volte Campione del Mondo ad aggiudicarsi la gara e, oltre alla quarto di litro, presenti in pista c sono le 125cc, le 175cc ed anche i sidecar, la cui gara viene vinta da Giuseppe Dal Toé su BMW. Nel 1971 la nona edizione è valevole per il Campionato Italiano Juniores e nella classe 250cc Seniores, a salire sul terzo gradino del podio è Otello Buscherini, più volte campione italiano e recordman sul quarto di miglio e sul chilometro con partenza da fermo, vittima poi di un tragico incidente in cui perse la vita nel 1976 al Mugello. Per vedere però vittorioso un pilota ternano nella gara di casa, bisogna attendere il 1972 ed il 10° Circuito dell’Acciaio: primo in sella a una Yamaha 250cc nella categoria Seniores, si piazza infatti Fosco Giansanti. In griglia di partenza, al fianco di Fosco, anche Renzo Pasolini poi ritiratosi. Quello fu l’ultimo anno del Circuito dell’Acciaio che in seguito rivivrà soltanto grazie a qualche rievocazione storica, in nessuna delle quali però si utilizzeranno più i tracciati originali. Oggi, con il motociclismo moderno, sarebbe impossibile pensare di organizzare eventi come quelli. Si, è vero, alcuni esempi esistono e resistono ancora ma, sempre più spesso, ci si chiede se sia giusto proseguire a correre su tracciati come L’Isola di Man o Macao. Tutto cambia e tutto si evolve e se a partire da chi produce abbigliamento dedicato a chi progetta autodromi, cercano instancabilmente il limite della sicurezza per i piloti e si prodigano per la tutela di chi corre, è forse anacronistico pensare di continuare a sfidarsi sul filo dei 300kmh tra dirupi, muretti e marciapiedi. Quel motociclismo di tanti anni fa è come un brik, i famosi mattoni con i quali fu costruita la pista di Indianapolis: è servito a costruire qualcosa di unico che però deve guardare, inesorabilmente, al futuro.