Umberto Berti e la Mille Miglia: una amore lungo una vita
La Mille Miglia, più una favola che una corsa, più un sogno che una gara. E’ certamente la competizione automobilistica disputata su strade normalmente aperte al traffico più famosa al mondo che, per ben 24 edizioni, ha letteralmente catalizzato l’attenzione di migliaia di sportivi, appassionati o semplici curiosi tra il 1927 ed il 1957, modificandone, e non è una esagerazione sostenerlo, anche gli usi ed i costumi. Brescia-Roma andata e ritorno, circa 1600 chilometri di emozioni, adrenalina e glamour equivalenti appunto a 1000 miglia di imperiale memoria. Il tutto con un solo ed unico stop nell’organizzazione di questa gara, voluta e pensata dal conte Aymo Maggi con l’aiuto di Renzo Castagnedo, pilota e dirigente sportivo di grande esperienza, e Giovanni Canestrini decano del giornalismo sportivo dell’epoca, e cioè quello causato dal secondo conflitto mondiale per cui, negli gli anni che andarono dal 1941 al 1946, niente Mille Miglia. Ma l’articolo che state leggendo non vuole celebrare questa gara bellissima ma bensì un ternano, Umberto Berti, che a vi partecipò per ben undici volte! Umberto Berti nasce a Terni nel 1893 per poi trasferirsi a Città di Castello dove nel tempo si fa conoscere anche come titolare di una rivendita Moto Guzzi, concessionaria che trova sede all’interno dell’Auto-Garage Tiferno. Non si può certo dire che la passione per le competizioni automobilistiche lo coinvolse in tenera età dato che, vi si avvicina soltanto nel 1928 partecipando al Circuito Marchigiano al termine del quale si classifica quarto. Nello stesso anno però, Berti prende parte anche alla seconda edizione della Mille Miglia in coppia con un altro ternano, Antonio Tomassini, personaggio che ebbe anche gran rilievo nella vita di Mario Umberto Borzacchini. In quella prima occasione, la coppia Tomassini-Berti partì da Brescia con una OM tipo 665 con il numero di gara 43 dipinto in bianco sul cofano, per poi farvi ritorno concludendo in ventiquattresima posizione, sesta di categoria. In una gara vinta dall’equipaggio Campari-Ramponi su Alfa Romeo 6C 1500 Sport Spider Zagato alla media di 84,100 km/h, i due ternani impiegarono 22h31’36” per compiere l’intero tragitto. A causa di problemi familiari, Umberto Berti salta l’edizione del 1929 ma a partire dalla successiva, e per ben otto anni consecutivi, vi prende parte alternando al suo fianco coequipier del calibro di Giovan Battista Santinelli, Gennaro Auricchio e Bindocci ma sempre e soltanto alla guida di Alfa Romeo. Si inizia con una 6C 1750 GS per passare poi alla 8C 2300, alla 8C 2300 Monza e ritornare alla 1750GS nel 1937. Arrivano anche dei buoni risultati come il 7° posto assoluto nel ’32, anno in cui trionfò Borzacchini che, con una gran rimonta a suon di record sulla tratta Roma-Brescia, precedette gli equipaggi Trossi-Brivio e Scarfioti-D’Ippolito, e un 6°, 8° e 13° rispettivamente nel 1933,’34 e ’35. Inevitabilmente il periodo bellico determinò una pausa nelle attività sportive e cosi Berti tornò a competere soltanto nel 1948 e sul traguardo di quella gara, in coppia con Aldo Tarigi ed alla guida di una Stanguellini S1100 Spider, costruita ex novo per ospitare il motore FIAT 1100 con la prima testa bialbero che comportò anche complessi interventi al monoblocco di serie, con il tempo di 16h57’10” si classificò 4° nell’assoluta. A termine di quella edizione dominata da Bracco-Rolfo su Ferrari 250 Berlinetta, motore dodici cilindri di 3000cc e 230 CV, Berti raccolse il suo risultato migliore nelle undici presenze collezionate alla Mille Miglia perché in seguito, nel 1949, in coppia con D’Addato ed al volante di una Lancia Aurelia, dovette ritirarsi e nel 1952 su Ferrari 166 Inter. concluse 170° ma i partecipanti erano già più di seicento … La carriera sportiva di Umberto Berti si conclude con la partecipazione ai due Giri Automobilistici del’Umbria del ’52 e ’53. Umberto Berti morirà nel 1974 dopo essere tornato pienamente ad occuparsi delle sue attività commerciali. La bella favola della Mille Miglia si conclude in pratica nel 1957 quando, per colpa dell’incidente causato dello scoppio di un pneumatico nei pressi di Guidizzolo sulla strada Goitrese, persero la vita Alfonso de Portago, pilota spagnolo, il suo navigatore Edmund Gurner e nove spettatori dei quali cinque erano bambini. Un incidente terribile che diede vita anche un lungo processo ad Enzo Ferrari in qualità di costruttore dell’autovettura coinvolta nell’incidente, processo dal quale uscì poi assolto. Tra l’altro, quello del ’57 non fu il primo incidente grave che si registrava nella storia della Mille Miglia: già nel 1938 per esempio, sulla circonvallazione di Bologna, la Lancia Aprilia di Bruzzo-Mignanego sbandò travolgendo una scolaresca causando dieci morti tra gli spettatori, tra i quali sette bambini, e 23 feriti gravi. Le autorità competenti iniziarono a negare le varie autorizzazioni necessarie per organizzare queste gare su strada per il timore che si potessero ripetere fatti del genere. Era senza dubbio difficilissimo garantire degli standard di sicurezza adeguati lungo i 1600 km di strada sia per i piloti che per gli spettatori, si guidava anche di notte a velocità folli e, non per ultimo, quella tragedia aveva lasciato un segno indelebile nell’opinione pubblica. L’era di una tra corse automobilistiche più belle al mondo, che tra l’altro sino all’edizione del 1952 vedeva le vetture transitare anche da Terni, vinta da Campioni leggendari come Giuseppe Campari, Tazio Nuvolari, Mario Umberto Borzacchini passando per Varzi, Biondetti, Villoresi, Ascari e tantissimi altri, era definitivamente terminata non prima però di aver consegnato alla storia ed alla fama, automobili GT (Gran Turismo) costruite da marchi come Alfa Romeo, undici successi, Ferrari, otto, e Lancia. Gli organizzatori, nonostante insistessero nel chiedere una Mille Miglia di velocità, si videro costretti a trasformarla in gara di regolarità e cosi le edizioni disputate nel 1958, 1959 e 1961, pur conservando il nome e approssimativamente la medesima distanza da percorrere, si presentavano completamente differenti da quelle che l’avevano precedute ed anche la qualità delle vetture partecipanti fu modesta. Un epilogo senz’altro triste. La Mille Miglia è stata qualcosa di differente, addirittura fonte di ispirazione per registi come Mario Baffico e Federico Fellini che le hanno dedicato capolavori del calibro di La danza delle lancette del 1936 e Amarcord del 1973, o come nel caso di Claudio Uberti per il suo Rosso Mille Miglia del 2015. Centinaia sono stati i libri scritti per raccontare Lei ed i piloti che vi corsero e trionfarono e, non per ultimo, anche qualche canzone: non ditemi che nessuno di voi non si è mai perso sulle note di Mille Miglia di Lucio Dalla.
di Roberto Pagnanini