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Mario Umberto Baconin Borzacchini: Monza, la morte e la nascita del mito – 3° parte

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Idealizzazione di un evento, di un personaggio, di una situazione, di un personaggio o fatto che assume proporzioni leggendarie nell’immaginazione popolare. Si un mito, un racconto permeato di sacralità, una racconto che trasforma Mario Umberto Borzacchini se non in un Dio, senza dubbio in un eroe per i posteri. E quella sacralità rivive anche nei riti di ogni pilota, nelle abitudini, nei gesti sempre tutti uguali, capaci di infondergli coraggio ed invincibilità. Cosi come un torero che indossa il suo Traje de luces, e lo fa nel silenzio del suo mondo e della sua anima, anche i piloti indossano tute e caschi sempre nella stessa identica maniera. Ma forse quel giorno, quel 10 settembre del 1933, qualcosa non andò come sempre lasciando anche a lui scoperto quel tallone che fu d’Achille. Si corre il Gran Premio di Monza e lui vi arriva come favorito; ha appena vinto la Susa-Moncenisio e nelle prove dimostra di esserlo. Stabilisce subito il primato sul giro percorrendo i 4.500 metri alla media di 201,389 kmh. Per lui però il fato, quella legge ineluttabile che per gli antichi dominava l’universo, ha in serbo una sorpresa beffarda. In una gara svoltasi la mattina, la Dusemberg del conte Felice Trossi, esponente di quella romantica espressione di piloti gentiluomini che si dedicavano alle corse non per professione ma bensì come eccitante passatempo, perde olio in pista. Su quell’olio che non venne adeguatamente ripulito, durante la seconda batteria eliminatoria, scivolano le auto di Giuseppe Campari, Mario Umberto Borzacchini e quelle di Barbieri e Castelbarco. Tutte volano letteralmente fuori pista, al di la di quell’anello ad alta velocità fatto di curve paraboliche. Barbieri a Castelbarco ne escono illesi mentre Campari perde la vita all’istante rimanendo schiacciato dal peso della sua stessa macchina e Borzacchini, sbalzato fuori dall’abitacolo, muore più tardi all’ospedale della città lombarda. Una gara maledetta quella di Monza dove, soltanto pochi giri dopo, mori anche un terzo pilota, il polacco Stanislas Czaykowski. Tanto si parlò di quell’incidente ed i cronisti dell’epoca si interrogarono più di una volta sulle reali cause, a parte quella dell’olio lasciato in pista; si arrivò anche a sospettare che la squadra tolse i freni anteriori della Maserati 26B di Borzacchini per renderla più leggera e questo avesse contribuito a fargli perdere il controllo in condizioni comunque critiche.  Per ospitare le salme dei tre campioni fu allestita una camera ardente nella Casa del Fascio di Monza e Benito Mussolini, che più di una volta aveva incontrato personalmente il pilota ternano, fece recapitare tre corone di fiori con le scritte Il Duce a Borzacchini, Il Duce a Campari, Il Capo del Governo a Czaykowski, mentre dei picchetti d’onore formati da rappresentanze degli operai della Maserati e dell’Alfa Romeo, vegliavano il tutto. Tazio Nuvolari straziato dal dolore e perso in un pianto che era impossibile fermare, venne allontanato dalla camera ardente. La disperazione data dalla perdita del suo fratellino era troppo forte da sopportare; quella gara l’avevano voluta correre insieme iscrivendo le loro Maserati al Gran Premio d’Italia ed a quello di Monza. Tazio corse la mattina, Umberto nel pomeriggio, il fato aveva scelto. Da quel momento sia nelle sua vita cosi come nelle corse, quel vuoto lasciato da Borzacchini non si sarebbe mai più colmato. Nuvolari volle dargli l’ultimo saluto e, insieme a tanti altri campioni del tempo, non fece mancare la sua presenza ai funerali che si tennero a Terni. Su quella Terni che iniziava ad essere conosciuta come la Manchester italiana, dove la fabbrica era sempre più parte attiva e cuore pulsante del quotidiano e dove ancora non si poteva immaginare che sarebbero calate le scure nubi che di lì a pochi anni avrebbero avvolto il mondo intero, la notte giunse in anticipo. Terni aveva perso il suo idolo, il suo Campione, il suo eco. Come da un’Araba fenice Terni era rinata dalle proprie ceneri ed aveva trovato la sua luce in Mario Umberto Borzacchini, capace di incarnare sogni e speranze dei suoi concittadini per poi andarsene nel clamore silenzioso che soltanto i miti sanno generare. Beffardo il destino e beffardo tutto se, soltanto qualche decennio più tardi, la storia amò ripetersi tanto che la una favola di nome Libbero ci illuse prima e ci straziò dopo. Due ternani, due Campioni, due Uomini vicini in tutto, anche nel luogo dell’eterno riposo.


Nel 1995 viene costituito a Terni il Borzacchini Historic Club, una associazione che si prefigge come scopo quello di promuovere la conoscenza, la valorizzazione storico-culturale e la conservazione di auto d’epoca di qualsiasi marca e tipo. Ma non solo perché la stessa associazione intitolata al compianto campione degli anni ’20 e ’30, ne conserva al suo interno la storia, le gesta e gli innumerevoli trofei e testimonianze di una carriera incredibile. Giorgio Natali ne è il presidente – cosi come è anche vice-presidente dell’ACI provinciale – ed a lui abbiamo chiesto un commento su Mario Umberto Borzacchini e su cosa lui abbia rappresentato per Terni.
“Mario Umberto Borzacchini oltre che essere stato un grandissimo campione, esponente di quell’automobilismo pioneristico degli inizi del ‘900, è stato senza dubbio uno di quei personaggi ternani capaci di incarnare sogni e speranze di una intera città – ha dichiarato Giorgio Natali -. In un’Italia, e nello specifico una Terni, che provava a rialzarsi dagli orrori e delle pene della Prima guerra mondiale, lui ha saputo trasformare una passione in amore ed un sogno in realtà. Oggi proviamo a rivivere con delle rievocazioni storiche, delle gare come la Mille Miglia o la Targa Florio ma, immaginate voi, in un mondo dove anche andare a fare una gita fuori porta a volte rappresentava un viaggio, cosa poteva significare trionfare sui quei bolidi e su quelle strade. Correre e vincere non solo in Italia ma in Europa, in Africa sino negli Stati Uniti, ha contribuito senza ombra di dubbio a creare un’aurea di fama e di gloria intorno a lui e il tutto meritatamente. Lottare contro campioni del calibro di Nuvolari, Campari, Varzi, Brilli Peri e guidare auto come Alfa Romeo, Maserati, Ferrari, Salmson e tante altre, non era cosa da chiunque. Insieme a Liberati e Pileri, Borzacchini ha rappresentato e continua a rappresentare una parte importantissima della storia non soltanto motoristica della nostra città. Noi come Borzacchini Historic insieme al Moto Club Libero Liberati-Paolo Pileri ed all’Associazione Terni, Motori & Campioni cerchiamo ogni giorni di preservare e conservare queste tradizioni e questo patrimonio storico. Abbiamo in mente tanti progetti come i Viali dei Campioni e siamo certi di portarli a compimento perché dimenticare il passato è l’unica strada per non avere futuro” 

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