Interamna History – 20
Il Risorgimento ternano (Seconda parte)
Quello di Pio IX, salito al soglio di Pietro il 21 giugno del 1846 per rimanervi poi sino alla sua morte che si verificò il 7 febbraio 1878, fu uno dei papati più lunghi della storia. Giovanni Maria Battista Pietro Pellegrino Isidoro Mastai-Ferretti, infatti, guidò la chiesa per oltre trent’anni e neppure in un periodo molto tranquillo. Dopo la morte del suo predecessore, papa Gregorio XVI, il nuovo pontefice si trovò subito ad affrontare chi prima, animato da speranze e sogni, aveva sostenuto a grande forza l’esperienza della Repubblica Romana e poi chi convintamente partecipò ai moti del 1848. In tutto questo Terni, che vale la pena ricordare vedeva operare al suo interno esponenti rivoluzionari di chiara fede mazziniana, non accettava di buon grado quelle che erano le direttive impartite dal comitato di Perugia che invece era in linea con la politica cavouriana; ma non soltanto quello perché la città esprimeva anche una insofferenza marcata verso il potere papale e questo non mancò di manifestarsi tramite proteste forti come nel caso di quelle del 1850 contro la tassa sul macinato o quelle del ’52 relative sempre alla tassazione delle attività artigiane ed artistiche. Nell’estate del 1860, gli eserciti del Regno di Sardegna e dello Stato Pontificio diedero luogo alla famosa Battaglia di Castelfidardo che vide la vittoria dei piemontesi ma già qualche tempo prima, agli ordini del colonnello De Pimodan, un contingente di zuavi si era acquartierato a Terni e fu proprio da qui che partì per dar manforte alle truppe papaline durante lo scontro. Il successo sabaudo ebbe come conseguenza l’annessione delle Marche e dell’Umbria al Regno di Sardegna ed aprì di certo le porte a quella che sarebbe stata la nascita del Regno d’Italia nel 1861. Sempre nello stesso anno arrivarono in città i bersaglieri agli ordini del generale Brignone che vi stabilì il comando della XV divisione. Come sempre nel corso dei secoli, la sua posizione di confine e di frontiera rendevano Terni un avamposto eccellente verso Roma e, in quella fase storica, una base di appoggio logisticamente perfetta per quella che fu poi la liberazione della futura capitale d’Italia. Sempre in quel periodo Giuseppe Garibaldi condusse una campagna di arruolamento militare per incorporare dei volontari all’interno dell’esercito sardo; questa nuova formazione che andava formandosi passo alle cronache della storia con il nome Cacciatori delle Alpi e, stanziata ai confini lombardo-veneti, rappresentò una vera provocazione verso l’Austria tanto che, per il suo essere, fu sufficiente per dare vita alla Seconda Guerra di Indipendenza. Quella dei Cacciatori delle Alpi non fu la sola formazione militare a nascere; determinante in Umbria fu infatti l’azione dei Cacciatori del Tevere, entità formatasi da volontari umbri e toscani che affiancando l’azione dell’esercito piemontese, contribuì in maniera importante alla liberazione di Todi cosi come di tutta la regione. Come ricordato anche nelle precedenti uscite, questa formazione rispondeva agli ordini del colonnello Luigi Masi, assisano e figura imponente del Risorgimento. Masi con i suoi Cacciatori riuscì a conquistare in pochi giorni Orvieto, Bagnoregio, Montefiascone, Viterbo, la Teverina, Amelia, Magliano Sabina, Civita Castellana, Tuscania, Tarquinia e altre località della Tuscia giungendo sino a Fiano Romano. Nel frattempo la fede patriottica e repubblicana che si respirava a Terni faceva sempre più proseliti in città; già da qualche anno si era distinta la figura di Federico dei Conti Fratini, responsabile per la Giovane Italia, che condivise alcuni lustri di cella con Giuseppe Petroni. Nonostante il suo diniego a qualsiasi concessione fu graziato nel giungo del 1867 ma fu giusto in tempo di tornare libero che lo divise dall’imbastire nuove azioni. Fu infatti dal suo piccola cascina di Pescecotto che un manipolo di soli ternani presero le mosse verso Roma con l’intento di liberarla e fu sempre lui che, dopo la fuga da Caprera, accolse il Nizzardo nell’attesa che potesse raggiungere Menotti in sabina. Ma ancora, fu proprio dalla sua casa nella notte del 20 ottobre dello stesso anno, Enrico e Giovanni Cairoli insieme ad un centinaio di patrioti mossero alla volta di Roma cercando di rompere gli indugi ma il 23 dello steso mese, a Villa Glori, dopo aver passato il confine per poter portare aiuti ai rivoluzionari romani, aver navigato il Tevere ed essersi attestati in un casale sul Monte Parioli, il gruppo venne a contato con circa 300 carabinieri svizzeri e nello scontro Enrico perse la vita. Terni era comunque divenuta un centro di raccolta per tutti quei volontari pronti a combattere nelle file garibaldine. Da quel 17 marzo del 1861 quando il Parlamento italiano riunitosi a Torino proclamò la nascita dello Stato Unitario dovette trascorrere quasi un decennio affinché Roma venisse liberata dal potere papale ed incoronata Capitale d’Italia. Era il 20 settembre del 1871 ed attraverso quella che noi tutti conosciamo come la Breccia di Porta Pia, i bersaglieri entrano in città dando vita a quello che fu senza ombra di dubbio l’atto finale e più alto del Risorgimento. Terni era per definizione un centro insurrezionale per eccellenza e nessuna azione rivolta verso Roma non poteva che avere inizio se non da li. Sempre tramite il Faustini, capo della vendita carbonara in città, si operava un grande azione di raccordo con gli altri focolai cospiratori di tutta l’Umbria, l’alto Lazio sino a giungere a Firenze. In tutto questo, il generale Cadorna stabilì a Terni il suo quartier generale nell’allora albergo del Giappone situato in quella che oggi è Via Mancini. Logisticamente la città ospitò le cucine che tramite ferrovia dovevano poi alimentare i soldati in marcia verso Roma cosi come venne allestito un ospedale da campo capace di ospitare circa 400 eventuali feriti. Tutto era pronto ed organizzato per quello che doveva essere l’attacco finale ma, se non fosse stato per la scintilla fatta scoccare dagli stessi patrioti, tutto avrebbe vissuto di tempi più lunghi. Un segnale inequivocabile fu dato su ordine del Gran Maestro della Massoneria Italiana Ludovico Frapolli ed in tutta la penisola i fratelli si fecero carico di diffonderlo: un movimento democratico era pronto a sostituirsi ad un governo timoroso ed attendista. Di fronte a tutto questo, il generale Cadorna si vide costretto a muovere ma non prima di aver rassicurato dal nostro Palazzo Vescovile con il Proclama agli Italiani delle province Romane che sarebbe stata comunque “ … rispettata la dignità e l’autorità spirituale del Sommo Pontefice cosi come l’inviolabilità della Santa Sede.” La storia ci racconta di quante poche cannonate furono sufficienti ad abbattere quella porzione di mura romane ma, seppur non citandola direttamente, non può esimersi dal ricordare che ancora una volta lei stessa deve molto a Terni, cosi come deve molto anche a quel centinaio di concittadini che seguirono i bersaglieri di Cadorna alla volta della Città eterna. Il Giorno seguente, il 21 di settembre, venne liberato Giuseppe Petroni, mazziniano e patriota che divenne così l’ultimo prigioniero del Papa Re. Petroni è stato indubbiamente un simbolo del Risorgimento italiano; carbonaro della prima ora, parte della Giovane Italia poi, amico di Giuseppe Mazzini, partecipò attivamente i moti del ’31, alle Cinque giornate di Milano, alla Repubblica Romana. In quest’ultima ricoprì anche l’incarico di Sottosegretario al Ministero di Grazie e Giustizia. Condannato a morte dopo l’arresto del 1853, la pena gli fu commutata in ergastolo e sempre rifiutò qualsiasi grazia che gli venne offerta finanche dallo stesso Pio IX. Dopo la sua liberazione avvenuta appena dopo l’entrata dei bersaglieri a Roma, aderì alla Massoneria di cui riconosceva valori e gli permetteva di combattere l’oscurantismo della Chiesa. Non ateo era al contrario dotato di grandissima religiosità.
Un doveroso ringraziamento va al prof. Sergio Bellezza che con il suo libro Dal Regno Pontificio allo Stato Unitario, dal quale abbiamo tratto più di uno spunto, ha tracciato un quadro privo di retorica ed una sequenza precisa rispetto ai fatti ed ai personaggi che caratterizzarono quel preciso periodo storico.
di Roberto Pagnanini