Interamna History – 23
Il post Risorgimento e l’industrializzazione (Terza parte)
Agli inizi del ‘900, Terni era certamente annoverata tra le più importanti città industriali italiane e non solo. Chiaramente il suo repentino sviluppo e la relativa trasformazione del tessuto sociale, non portarono solo benefici ma anche una serie di problemi che andavano rapidamente risolti; sullo scorso numero abbiamo visto come si cercò di dare una soluzione a quello abitativo ridisegnando addirittura lo schema urbanistico della città, arrivando sino a definire i nuovi cardo e decumano e realizzando un nuovo baricentro in quella che oggi conosciamo come Piazza Tacito. Non soltanto di alloggi però si aveva necessità perché con l’industrializzazione che l’aveva riguardata durante tutta la seconda metà del XIX secolo, anche l’istruzione assumeva una importanza fondamentale. Per quella di base il contributo della chiesa era stato sempre concreto ma il problema si faceva cruciale a livelli più alti. Mancava infatti qualsiasi tipo di scuola professionale che riuscisse a formare ed avvicinare i giovani alla nuova realtà che si era andata a creare in città. Fu cosi che attuando un decreto predisposto dal Commissario Straordinario per le Provincie dell’Umbria, nel 1861 fu aperto a Terni il Regio Istituto Tecnico, vale la pena ricordare che ve ne erano soltanto quattro in Italia, che sulla fine del secolo, e diretto dal prof. Luigi Corradi, crebbe talmente di importanza tanto da divenire attrattivo per gli studenti di tutta la penisola. Fu dallo stesso istituto che successivamente presero vita quello per Geometri ed il Liceo Scientifico. Successivamente, ma siamo già nel 1912, venne istituito il Regio Liceo Ginnasio con il nome di Tito Maccio Plauto che nel 1937 cambiò in quello attuale di Gaio Cornelio Tacito dopo essersi trasferito dalla iniziale sede di Palazzo Mariani alla attuale di Via Fratti. Tornando all’ing. Luigi Corradi, c’è da dire che nacque a Senigallia nel pieno degli anni tumultuosi antecedenti l’Unità d’Italia laureandosi a Roma nel 1872 e, soltanto due anni dopo, gli venne dato l’incarico di docente di fisica e agronomia presso il Regio Istituto Tecnico di Terni appunto e del quale, successivamente ne divenne preside nel 1883. Fu nello stesso anno che presentò al Ministro della Pubblica Istruzione Michele Coppino, il progetto Della istituzione di una Scuola di Meccanica Industriale e Metallurgica presso il Regio istituto Tecnico di Terni. Il progetto, ambizioso e all’avanguardia per il tempo, voleva creare quella connessione necessaria tra scuola e fabbrica al fine di mettere in pratica quelle nozioni teoriche che gli studenti apprendevano tra i banchi, il tutto facendoli frequentare le tante piccole officine presenti in città o i grandi complessi industriali. Il progetto fu approvato con il supporto dello stesso allora sindaco di Terni Alessandro Fabri, dal direttore degli Alti Forni e Fonderie di Terni Zanolini, dall’ing. Della Volta e dal Cav. Jacoboni. L’ing. Corradi però, non si limitava alla sua attività di preside e professore ma si dimostrava molto attivo anche rispetto alla vita sociale e politica della città; nel 1885 entra addirittura a far parte della commissione urbanistica per il nuovo piano regolatore. Nel 1900 il suo prestigio, e quello dell’Istituto Tecnico, si arricchirono della medaglia d’oro conferitagli in occasione dell’Esposizione Universale di Parigi e tra i vari incarichi somma anche quello amministratore della Cassa di Risparmio di Terni e Narni. Di lui troviamo traccia anche nella toponomastica cittadina con una via intitolata a suo nome. L’inizio del nuovo secolo, per ciò che concerne l’industria locale, coincise con un consolidamento della stessa nel settore bellico e la Società degli Alti Forni e Fonderie implementò la ricerca rispetto a nuove forme di fusione e laminazione dell’acciaio dismettendo allo stesso tempo i vecchi convertitori e sostituendoli con nuovi, e più efficienti, Martin-Siemens dei quali progettò e realizzò una nuova generazione conosciuta come Martin-Terni. Molte delle corazze destinate alle navi da guerra italiana vennero realizzate negli stabilimenti ternani. Non soltanto questo però perché in collaborazione con la Vickers creò a La Spezia un insediamento per la produzione di cannoni, componenti e proiettili. Ma la Società degli Alti Forni si espanse anche in altri settori come nel caso dell’acquisizione della Società Italiana per il Carburo di Calcio, Acetilene ed altri Gas che a sua volta controllava la STET, colei che gestiva la tranvia Terni-Ferentillo, o nella produzione idroelettrica con quelle delle centrali elettriche o nel polo chimico. Nello stesso periodo La Reale Fabbrica d’Armi sfornava migliaia di Carcano mod. 91 al giorno, la Bosco si espandeva nei settori dei manufatti metallici e il Tipografico Alterocca produceva e distribuiva oltre il 30% delle cartoline illustrate in Italia insomma, il nome di Manchester italiana era più che meritato. Oltre il 70% della popolazione censita era costituita da operai. Il 1890 aveva visto la costituzione a Terni del Partito Repubblicista Italiano il cui orientamento politico esprimeva i valori del nazionalismo di sinistra, cosi come della Camera del Lavoro di Terni, la prima in Umbria, che però venne chiusa in base alle leggi Pelloux e riaperta soltanto nel 1901. Furono anni complicati perché Terni si vivevano anche forti contrapposizioni politiche e sociali. Nel 1907 per esempio, a fronte di una nuovo regolamento emanato dalla direzione delle acciaierie, si assistette alla reazione degli operai sopportati dalla Camera del Lavoro ma non dai sindacati. La conseguente crisi dovuta alla serrata da parte dell’azienda portò alla fame quasi quattromila famiglie che furono costrette a vivere di solidarietà. I fatti del ‘7 lacerarono i rapporti tra operai e FIOM incidendo anche sulla stessa sopravvivenza della Camera del Lavoro che nonostante potesse contare 41 tra leghe e associazioni ed oltre 5300 soci venne sciolta, riuscendo a ricostituirsi soltanto nel 1909. Terni, nei secoli, è stata papalina, anarchica e poi comunista, a volte prona alla Stato pontificio a volte anticlericale sino al midollo ma, quando si è trattato di fabbrica e acciaio l’appartenenza si è trasformata in fede. E’ in quegli anni che appare sulla scena cittadina Pietro Farini, uno dei padri fondatori del socialismo italiano. Farini nasce a Russi nel giugno del 1862 per poi trasferirsi a Terni nel ’3 per dirigere una farmacia. E’ tra coloro che fanno rinascere la Camera del Lavoro ed il suo attivismo politico lo porta ad essere eletto deputato nel 1919 ed aderire al PCI nel ’25. A Terni si rende protagonista di oltre venti anni di lotte operaie, diviso tra i contrasti esistenti tra repubblicani e socialisti da una parte e, all’interno di questi ultimi, tra l’ala riformista e quella formata dai sindacalisti rivoluzionari. Arriva sino a formare un gruppo socialista autonomo. Contrario alla guerra in Libia ed antinterventista convinto, subisce minacce ed aggressioni da parte di chi invece nella guerra crede. E’ critico, come nel caso del Congresso del ’21, delle strategie politiche socialiste del dopoguerra ma, nonostante questo, ottiene la direzione del periodico Umbria proletaria, organo ufficiale della Federazione provinciale. Aderisce al movimento terzinterzionalista del PSI, si oppone fermamente alle violenze fasciste ed organizza gli Arditi del Popolo di cui entra a diritto nel comitato politico. Gli squadristi non lo risparmiano, lo controllano e lo perseguitano; la sua malattia agli occhi peggiora e questo, insieme al consolidamento del regime fascista, lo costringe a sospendere la sua attività politica, trasferirsi prima a Genova poi a Parigi e, in fine, a morire esule in Unione Sovietica, a Mosca, dove muore il 29 novembre del 1940.
di Roberto Pagnanini