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Hinteramna History – 1

Le origini, la nazione dei Naharti

guerriero naharti

Iniziando da oggi e con cadenza settimanale, la redazione di Daje mò riproporre on-line gli articoli relativi ad Interamna History, una rubrica che vuole semplicemente raccontare la storia, i fatti e gli episodi salienti che hanno caratterizzato il nostro territorio, e nella fattispecie la nostra città, nell’arco dei secoli. Una storia lunga oltre tremila anni e che da sempre, ben prima della nascita di Cristo, ha visto la nostra comunità al centro di eventi importanti a causa della sua posizione geografica centrale e strategica che, conseguentemente, giustificando lotte e guerre per la supremazia su queste terre, ne ha segnato il destino. Interamna History non vuole essere, e non ne ha neppure la presunzione, una lezione di storia ma soltanto una rubrica che proverà a raccontare tutto questo. E se tutte le storie che si rispettano iniziano con C’era una volta …, volendo fissare un periodo storico dal quale far prendere le mosse a questo racconto, è necessario sottolineare come già dal XII secolo a.c. incominciarono ad arrivare in Italia popolazioni provenienti dall’Europa centro orientale, gli Osco-umbri, genti che svilupparono poi quella che comunemente venne chiamata Cultura proto villanoviana.  Nel nostro territorio, quello sud-orientale dell’attuale Umbria, tutto questo diede a sua volta vita alla Cultura di Terni tra la tarda età del bronzo e la prima età del ferroPlinio il vecchiocomandante militare, governatore romano, scrittore e filosofo vissuto tra il 23 ed il 79 d.c., non manca di sottolineare come gli Umbri fossero considerati il popolo più antico d’Italia e la sua citazione presente nel Naturalis historia, viene presa sempre più in seria considerazione dagli studiosi: “Umbrorum gens antiquissima Italiae existimatur, ut quos Ombrios a Graecis putent dictos, quod in inundatione terrarum imbribus superfuissent. Trecenta eorum oppida Tusci debellasse reperiuntur” e cioè “La popolazione umbra è ritenuta la più antica d’Italia, si crede infatti che gli Umbri fossero stati chiamati Ombrici dai Greci perché sarebbero sopravvissuti alle piogge quando la terra fu inondata. È attestato che gli Etruschi sottomisero trecento città umbre”. Nel corso dei secoli, causa l’espansione dei Celti e degli Etruschi, gli Umbri furono confinati ad est del corso del Tevere mentre sull’altra riva del fiume prendeva vita, e si amplificava, la potenza etrusca. Ma mentre sulla presenza dei Celti nelle nostre terre si sono accesi negli anni grandi dibattiti, le tesi portate avanti dal professor Manlio Farinacci sono state dibattute lungamente e per onor di cronaca bisogna anche sottolineare come lo stesso professore le suffragasse con la presenza di reperti e ritrovamenti, di certo c’è il fatto che gli Umbri fossero divisi in differenti comunità tribali, una delle quali era costituita dai Naharki Naharci, la stessa  che occupò il territorio ternano. Quella di Terni era allora una zona costituita da una pianura alluvionale stretta tra il fiume Nera ed il torrente Serra ed il fatto che fu abitata a partire dall’età del rame è testimoniata dal ritrovamento di numerosi reperti ceramici che fanno pensare ad una popolazione prima pastorale e dedita alla transumanza e poi, ad una struttura sociale più radicata ed importante sul territorio come fanno invece intuire i ritrovamenti legati alla grande necropoli scoperta sotto le attuali acciaierie nel 1884, considerata la più grande dell’Europa meridionale con oltre 2500 tombe. Sono le Tavole eugubine, sette tavole bronzee scritte in umbro rinvenute nel XV secolo, a sancire la presenza dei Naharki sul nostro territorio ed a far risalire a loro la fondazione della città di Interamna nel 672 ac, prendiamo in questo caso per buona una iscrizione risalente all’età dell’imperatore romano Tiberio, e di quella di Clusiolum (Cesi) dando vita cosi alla Nazione dei NaharkiD’altra parte la stessa primitiva etimologia del nome Nahar, in lingua indoeuropea, starebbe a significare il termine fiume e da li Naharti, le Genti del fiume. Non è certamente una coincidenza che il successivo municipio romano fosse conosciuto come Interamna Nahars, l’Interamna dei Naharti.  Sono numerosissime le testimonianze dell’epoca della Nazione dei Naharki: dalle tracce di un abitato presso la zona di Villa Valle passando per la necropoli scoperta nella zona delle acciaierie, ad un insediamento nei pressi di Papigno, alle tracce lasciate da alcuni buchi per palificazioni rinvenute durante delle opere di sondaggio nei pressi di Piazza Clai sino ad arrivare a quello che attualmente viene chiamato Il ponte del Toro. Il manufatto riportato alla luce da Luigi Lanzi agli inizi del XX secolo, e del quale venne datata la  costruzione a tempi precedentemente al taglio Curiano della Cascata delle Marmore quindi prima del 271 a.c., viene considerato l’insediamento umano più  antico del nostro  territorio. La presenza dei Naharti durò oltre cinquecento anni e si ritagliò una entità autonoma all’interno della stessa penisola italiana. Anche successivamente all’annessione a Roma, il loro peso etnico ed identitario risultò molto forte tanto da permettergli di far riconoscere i propri territori come provincia romana ed gli stessi guerrieri di essere elementi essenziali all’interno delle guarnigioni militari Umbro-romane. Una leggenda, un mito, una storia della quale si ricercano conferme è costituita dalla città di Valentia, la capitale dei Naharti, la città progenitrice. In alcuni passaggi ripresi da un articolo pubblicato al tempo dal sito umbiasud.com, si parla appunto di questa città e di come una lastra di marmo conservata inizialmente a Palazzo Carrara riportasse una iscrizione trascritta anche nel libro Interamna Nahars pubblicato ne 1932 da Elia Rossi Passavanti che recitava una sorta di avvertimento: Chiunque tu sia che entri nel mio possedimento sottostante ai boschi e ai monti bigemini di Interamna … del tempio santo … diruto di Valenzia santa … E sempre di una santa Valenzia parla Francesco Angeloni cosi come ci sono altre testimonianze raccolte nel corso degli anni. Forse troppo poco per dare forma al mito di una città leggendaria ma abbastanza per sognare.

di Roberto Pagnanini

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