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Interamna History – 18

Terni agli inizi dell’800 tra carestie, epidemie e la nascita delle Società segrete

Gioacchino Murat

A partire da questa uscita di Daje mò, e per ciò che concerne Interamna History, ci avverremo della preziosa ed importante collaborazione del prof. Sergio Bellezza, ricercatore storico, autore di numerosi saggi, curatore di molte rubriche pubblicate su periodici nazionali nonché presidente dell’Associazione Garibaldina Pietro Faustini di Terni. Alcuni suoi libri tra i quali Dal Regno Pontificio allo Stato UnitarioDal Fascismo alla Repubblica o Logge e Massoni in Umbria saranno per noi fonte di contenuti di cui faremo menzione nei nostri futuri articoli.

Senza ombra di dubbio, gli eventi legati alla prima invasione francese del 1798, le vicende della Repubblica Romana e successivamente quelli riconducibili all’annessione napoleonica, contribuirono ad insinuare nelle coscienze degli italiani del tempo quegli ideali di modernizzazione e laicizzazione propri del primo Risorgimento; ideali che ancor meno la restaurazione pontificia era stata capace di sopire totalmente ma che al contrario, si trovò costretta a combattere. Sul piano politico-militare Giacchino Murat, cognato di Napoleone e Re di Napoli sul cui trono sedeva dal 1808, mirava in quegli anni del primo ‘800 non solo a consolidare la sua posizione ma anche ad estendere il suo potere sull’Italia intera e, perseguendo queste mire, si pose prima nella situazione di tradire lo stesso Imperatore a favore di una alleanza con gli austriaci per poi dover fare i conti con questi ultimi quando decisero per la restaurazione borbonica sui territori del suo regno. Murat diede vita cosi alla guerra austro-napoletana che lo portò anche all’invasione dello Stato Pontificio e fu in quell’occasione che si trovò a transitare sul territorio della nostra città, costringendo l’allora Pro-Viceregente Gioacchino Petrucci a protestare per quella intrusione di truppe straniere sulle terre popali. Quella di Murat è stata senza dubbio una figura controversa ma è innegabile che può essere considerato come il Re francese che avviò il Risorgimento. Un giacobino, un traditore della Rivoluzione, un massone che perseguì i carbonari per poi chiederne l’appoggio, tutto questo fu Murat che però, al termine delle sue azioni militari volte a dare all’Italia quella prima unità, la consegnò invece nelle mani degli austriaci. Già agli inizi del secolo si costituì a Milano il primo Supremo Consiglio d’Italia ad opera di massoni francesi; lo stesso Giaocchino Murat fu Gran Maestro del Grande Oriente di Napoli e ben presto elementi del ceto medio, impiegatizio, ufficiali che avevano prestato servizio nel periodo napoleonico, iniziarono ad avvicinarsi a questa dottrina, molte volte però per pura convenienza e per sedere al fianco di persone influenti, contribuendo così a fargli perdere il vero spirito che doveva invece contraddistinguerla. Questo portò alla nascita di altre società  segrete come la Carboneria, i Guelfi, l’Unione Latina o La Giovane Italia. Ed è  proprio alla Carboneria ed alla Giovane Italia di Giuseppe Mazzini che si devono i moti del ’21 e del ’31. Chi ambiva a dare all’Italia quel nuovo senso unitario, fu costretto ben presto se non proprio ad aderire a queste società ad appoggiarle e quindi, cospirando contro l’invasore straniero, a concorrere alla sua sconfitta. Soprattutto la Carboneria, che molti studiosi danno nata in Campania probabilmente da uno scisma interno alla stessa Massoneria, rappresentò una prima forma di opposizione alla politica filo-napoleonica, finendo poi con il segnare in maniera forte quel vento patriottico ed anti-asustriaco che iniziava a scuotere l’Italia. Al suo interno si potevano trovare commercianti, contadini, operai ma anche rappresentanti della borghesia, liberali e perché no, anche nobili con idee riformatrici e membri del basso clero. Una struttura regolata dalla massima segretezza che per evitare contagi con l’esterno, utilizzava espressioni e nomi legati all’antico mestiere del carbobaro, colui il quale trasformava la legna in carbone. Diretta dal centro, la grande vendita, e da pochi uomini, l’organizzazione si rivolgeva poi verso l’esterno, le vendite locali, riferendosi a gruppi di cugini formati da una ventina di apprendisti, il grado più basso previsto dalla società. Solo dopo un periodo di prova si poteva aspirare al grado di maestri e poi gran maestri, i veri rivoluzionari di professione. Nuove forme di costituzione, l’indipendenza nazionale, le libertà individuali erano senza ombra di dubbio gli argomenti basici sui quali discutere ma le differenze tra la Carboneria settentrionale rispetto a quella dell’Italia centrale o del sud, erano comunque molte. Per i carbonari che erano sudditi dello Stato Pontificio per esempio, non c’erano conquistatori stranieri da cacciare ma un governo ecclesiastico da sostituire.  Dai resoconti dell’epoca redatti dalla polizia pontificia cosi come dalle Delegazioni apostoliche o finanche  dai verbali dei processi celebrati, si può evincere come queste società segrete fossero ampiamente diffuse in tutta l’Umbria e Terni, di certo, non faceva eccezione. La diffusione della società ebbe un incremento giusto tra il 1814 ed il 1815, sovrapponendosi o a volte sostituendo altre cospirazioni come quella dei Guelfi formatasi nel Lazio e nelle Marche. E fu proprio dalle Marche che sembra giungere nelle nostre terre. Terni ha avuto senza ombra di dubbio un ruolo importante nel Risorgimento sia come vero e proprio centro insurrezionale, data anche la vicinanza con Roma, che come città che diede i natali a patrioti del livello di Pietro Faustini, il Garibaldi di Terni,  e Federico Fratini o luogo dove si compirono i giorni di Giuseppe Petroni, suocero dello stesso Fratini, prigioniero per ben diciassette anni, sei mesi ed un giorno del papa Re, o ancora terra di Giovanni Froscianti uno dei preparatori dei moti rivoluzionari del 1853 e ’54. Ma i nomi dei patrioti ternani sono moltissimi e su queste pagine, nelle prossime uscite, cercheremo di raccontarne le gesta cosi come l’apporto che diedero alla nascita dello stato unitario. La Chiesa, sentendosi fortemente minacciata da questa situazione, iniziò a condannare e ad emettere scomuniche verso i Liberi Muratori ed i Carbonari accusati di fomentare disordini e di predicare empietà quindi, il timore che le queste idee potessero aprire la strada ad una nuova forma di costituzione, si sommò alla preoccupazione stessa che queste associazioni mirassero a distruggere il giogo del governo dei preti. In realtà, i valori ispiratori di queste società segrete erano di tutt’altro tenore dato che, per esempio, per ciò che concerne la Massoneria, essa tendeva ad esaltare la sua natura umanitaria, filosofica e morale, senza precludere per i suoi adepti nessun credo politico o religioso, ma tanto bastò per dar vita a vere e proprie persecuzioni. Tornando invece alla cronaca dei quegli anni, c’è da dire che la nostra città fu interessata da una grande carestia dovuta allo scarso raccolto di grano che portò il suo prezzo a livelli proibitivi, raddoppiando addirittura per alcuni cereali. Nel Terni nell’età moderna, il Passavanti scrive: La classe indigente perìa di fame: molti escivan di vita per penoso stento fino in mezzo alle vie, i vivi ti sembravano larve uscite dagli avelli … La carestia, la miseria, lo sgomento erano al colmo, sempre però minore in questa città, che nei paesi circostanti, da dove giungean notizie le più desolanti che facean raccapriccio. Fu per far fronte a questa carestia che lo stesso comune iniziò a produrre pane per proprio conto e ad un prezzo basso e determinato. Purtroppo non fu soltanto la carestia a colpire Terni perché ad aggiungere problemi ai problemi, concorse anche una epidemia di tifo petecchiale e cosi, per arginare questa ulteriore piaga, il Convento Francescano delle Grazie fu trasformato per l’occasione in ospedale; dello stesso periodo anche la riapertura dell’orfanatrofio cittadino.  Nell’agosto del 1815, Carlo IV di Spagna e la sua consorte Maria Luisa infante di Parma, si trovarono a passare per la nostra città durante il viaggio che doveva condurli a Roma e proprio in quella occasione gli fu riservata una calorosa accoglienza e la coppia soggiornò presso il Palazzo dei Conti Manassei. Sempre di quell’anno fu la delibera che aumentava il numero dei lampioni che garantiva l’illuminazione notturna della città, cercando in questo modo di garantire una sicurezza maggiore.

di Roberto Pagnanini

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