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Interamna History – 10

Ospedali a Terni da Tristano al Convento dell’Annunziata

ospedale corso del popolo

In uno degli scorsi articoli, parlando del Monte di Pietà e di alcune opere pie che riguardarono la nostra città a partire dal medioevo, abbiamo citato la Confraternita di San Nicandro, vero e proprio punto di riferimento nella Terni di quell’epoca. Proprio a questa confraternita, Tristano di Joannuttii, esponente di una nota e ricchissima famiglia di cui però si persero successivamente le tracce ed al quale oggi la toponomastica cittadina vede intitolato il viale di accesso al nosocomio di Santa Maria, lasciò in eredità tutti i suoi beni a patto che la stessa utilizzasse i denari per erigere un ospedale con quattro letti destinati ad assistere viandanti e poveri. Non si ha certezza di dove venne costruito ma tracce presenti in antichi atti riscontrabili negli archivi, ipotizzano la sua presenza nel rione Castello. Nella prima metà del XV secolo poi, si ha memoria di un secondo ospedale presente nel rione dei Rigoni tant’è che successivamente tal Cesare Sperelli vescovo di Terni, in una lettera spedita alla Sacra Congregazione del Buon Governo agli inizi del ‘700 li menzionò entrambi. L’Ospedale della Madonna di Piazza, altro nome con il quale era conosciuto quello di San Nicandro, nel 1727 poteva contare su due differenti infermerie, una per gli uomini con otto letti ed una per le donne con quattro, e di un locale dotato di semplici tavolacci all’interno del quale potevano trovare rifugio poveri e appunto viandanti; non molto distante, nell’area che oggi definiremmo compresa tra Via Tre Colonne e Via Roma, vi era invece quello di Sant’Antonio o zenodochio che, esattamente come l’altro, prevedeva una divisione tra persone di sesso differente cosi come tra infermi, viandanti e pellegrini religiosi che volendo, potevano anche cercare ristoro presso le osterie della Campana o quella dei Tre Pellegrini, quest’ultime gestite al pari dell’ospedale dalla Compagnia dei Disciplinati.  Come lo stesso nome lasciava intendere, ciò che allora si intendeva per ospedale, dal latino hospitalia, era un luogo deputato più all’ospitalità, ed alla eventuale necessità di prestare l’assistenza necessaria ai viaggiatori, che a luoghi di cura veri e propri; oltre questo poi, data la loro natura spesso caritatevole, si prestavano anche ad accogliere l’infanzia abbandonata cosi come a raccogliere e distribuire le elemosine ai più poveri. Le genti comunque non erano cosi avvezze a farsi curare in questi luoghi ed al contrario preferivano farlo in casa anche perché, la presenza di viandanti tra i quali spesso si confondevano ladri o persone di malaffare, li rendevano tutt’altro che sicuri. I due ospedali presenti in città si organizzarono anche per gestire i flussi di coloro che transitavano per Terni e cosi, anche in base alla differente ubicazione all’interno delle mura cittadine,  in quello di San Nicandro ci si prendeva cura di chi da Spoleto viaggiava verso Roma ed in quello di Sant’Antonio di chi affrontava il cammino inverso. A partire dal 1739, per ridurre le spese di gestione ed ottimizzarle, i due ospedali vennero incorporati in una unica struttura che fu individuata nella sede di quello di Sant’Antonio, anche se questa sistemazione fu adottata per un breve periodo perché l’anno seguente, era il 1740, le truppe spagnole di passaggio per Terni impegnate nella guerra di successione austriaca, lo trasformarono nel loro quartier generale. Tornata al suo utilizzo naturale, negli anni successivi la struttura mostrò ben presto i suoi limiti logistici che la resero insufficiente ad ospitare le ormai centinaia di infermi che vi facevano riferimento. Fu cosi che nel 1781 si pensò di utilizzare dei locali presenti in prossimità della chiesa di San Cleto nel Rione Castello, vicino alla Porta dei Tre Monumenti ma le non rosee condizioni economiche in cui versava la Confraternita di San Nicandro, costretta anche ad attingere a prestiti elargiti dal Monte di Pietà, non permisero questo trasferimento per il quale si dovette attendere alcuni decenni ed una sede differente. Tutta l’attività assistenziale era affidata generalmente a dei coniugi, gli ospedalieri, che vivevano all’interno della struttura e fornendo con continuità la loro opera, si può dire che ne fossero gli unici dipendenti. Loro si occupavano di tutto, dal lavare la biancheria al preparare il vitto, dal pulire i locali al preparare decotti e fumenti ma a volte, in occasioni particolari generate da eventi straordinari, potevano avvalersi dell’aiuto di ulteriore personale che veniva modicamente retribuito, ma al quale veniva garantito vitto ed alloggio. Fu questo il caso per esempio, di quando Terni venne colpita da una grave forma di dissenteria o quando tra il 1763 ed il 1766 la città, ma non soltanto lei, fu gravata da una grande carestia di grano che influì in maniera devastante sull’economia. In tutto questo, le cure vere e proprie destinate ai ricoverati venivano prestate dal medico condotto della città che per dieci scudi di stipendio li visitava due volte al giorno. Per l’assistenza all’infanzia abbandonata invece, non era previsto nessun reparto specifico all’interno dell’ospedale e cosi i bimbi venivano trattenuti soltanto per qualche giorno prima di essere trasferiti a Narni presto quello della SS.Trinità. Gli esposti venivano raccolti dalla levatrice della città, la mammana, che dopo aver assistito le madri durante il parto li trasferiva in ospedale al pari di quelli che ugualmente venivano abbandonati in luoghi dove sarebbero stati notati con facilità, in prossimità di chiese, edicole votive o la stessa porta del nosocomio. Raccolti e curati, in bimbi venivano battezzati e poi trasferiti a Narni dove per assisterli, lo stesso ospedale percepiva un compenso da quello ternano e per questo veniva chiamato bastardo; non era però raro che qualcuna di queste sfortunate creature, patisse da parte di colui deputato al trasporto un nuovo abbandono per evitare il viaggio verso Narni. Per scongiurare questo ulteriore obrobrio, si decise allora di pagare il dovuto alla struttura narnese soltanto a fronte di una ricevuta che certificasse l’effettivo arrivo del bambino al brefotrofio. Nell’arco degli anni poi, sempre più neonati vennero portati direttamente a Narni anche perché l’ospedale di Terni non era dotato della ruota pubblica, un marchingegno che permetteva alla madri di mantenere l’anonimato durante l’abbandono e preservare comunque il pargolo in buone condizioni di salute. La vera trasformazione dell’ospedale ternano avvenne comunque soltanto tra il XIX ed il XX secolo sotto la spinta dei mutamenti socio-politici che stava vivendo l’intera nazione oltre che al processo di industrializzazione a cui era sottoposta la città. Ancora per buona parte dell’800 la gestione rimasse affidata alla Confraternita di San Nicandro ma la loro scarsa competenza specifica nel settore li portò a chiedere aiuto ai religiosi che facevano parte dell’ordine ospedaliero di San Giovanni di Dio, comunemente conosciuti come dei Fatebenefratelli. Tra alterne vicende e vari trasferimenti, era già il 1867, l’ospedale dopo aver trovato sede all’interno del palazzo del conte Alderano Spada nei pressi di largo Manni in quella che era la Via della Mattonata ed attualmente Via dell’Ospedale, fu da prima oggetto di una ristrutturazione, poi di un ampliamento e successivamente di una revisione amministrativa che determinava per esempio una retta per il ricovero e la cura dei più facoltosi e la gratuità delle stesse prestazioni per i poveri. Soltanto nel 1937 la sua amministrazione passò all’Ente Comunale di Assistenza cosi come a settembre dell’anno successivo fu decretato il suo status di ente autonomo. I occasione dei primi bombardamenti del 1943, si dovette provvedere alla sua evacuazione anche perché la sala operatoria andò completamente distrutta ed i ricoverati furono trasferiti a Narni, a Colle dell’Oro ed in una struttura emergenziale che fu creata ad Acquasparta; in tutto questo, la Croce Rossa prestò assistenza presso il complesso delle Grazie dove venne allestito un pronto soccorso per fornire le prime cure a centinaia di sfortunati concittadini. Nel 1945 al termine del secondo conflitto mondiale, l’ospedale civile riprese lentamente la propria attività e lo fece nei locali dell’antico Convento dell’Annunziata che successivamente era stato adibito a caserma; il complesso che molti ricorderanno era ubicato lungo l’attuale Corso del Popolo, mostrò ben presto i propri limiti e cosi quella che era una vecchia idea, cosi un progetto già  nelaborato, venne riportato in vita ed il 5  novembre 1957 fu posta la prima pietra del nosocomio di Colle Obito inaugurato successivamente nel giugno del 1973.

di Roberto Pagnanini

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